Economics
Elezioni in Grecia e Quantitative Easing, quale effetto sulla previdenza?
Elezioni in Grecia e Quantitative Easing, quale effetto sulla previdenza?
Pasquale Merella, FRM
Articolo di commento pubblicato su “il Punto” spazio dedicato al dibattito sui temi di finanza e previdenza nell’ambito dell’evento annuale “Giornata Nazionale della Previdenza” GNP.
Qui di seguito il Link: http://www.giornatanazionaledellaprevidenza.it/site/home/il-punto/elezioni-in-grecia-e-quantitative-easing-quale-effetto-sulla-previdenza.html
A notar bene l’enfasi in quest’ultimo periodo è stata caratterizzata da scelte di politica monetaria piuttosto che dalla politica fiscale. I vincoli stringenti di bilancio ingabbiano qualsiasi estro che vada nella direzione di maggiore spesa pubblica per favorire l’occupazione o di riduzione delle tasse per favorire i consumi e gli investimenti. Purtroppo nulla di tutto questo è possibile con i vincoli che derivano dal famoso trattato di Maastricht. Allora dobbiamo inventarci altro, si ma cosa?
In una situazione di crisi, riconducibile ad un disequilibrio dei fondamentali delle economie del vecchio continente, ancorché aggravato da rigide politiche di bilancio basate su parametri, si deve trovare uno sfogo: la politica monetaria o meglio il deprezzamento del tasso di cambio.
Oggi la vittoria della estrema sinistra, Syriza, guidata dal suo leader Alexis Tsipras pone nuove preoccupazioni e anche nuovi rischi in Europa che si ripercuotono sul nostro benessere in primis ma anche sul nostro risparmio pensionistico. Vediamo come.
Tenendo a mente quanto dicevamo prima delle elezioni in Grecia, sempre su queste colonne (si veda qui), risulta opportuno ragionare in un quadro più ampio. La BCE ha recentemente avviato il programma denominato “Quantitative Easing” (QE), l’obiettivo dichiarato della Banca Centrale è un livello di inflazione nella zona euro “vicino ma sotto al 2%”. Le pressioni deflazionistiche hanno fatto registrare una diminuzione dei prezzi a dicembre scorso del -0,2% giustificando così l’intervento “non convenzionale” sul mercato dato dall’immissione di moneta in circolazione. Si aggiunga infine che i tassi di riferimento – già più volte ritoccati in basso – non riescono più a produrre l’effetto desiderato.
La mossa della BCE, riuscita con il meccanismo di “risk sharing” a far passare l’utilizzo del QE anche a Weidmann (Bundesbank), servirà – si spera – a far deprezzare l’Euro favorendo le esportazioni ma anche diminuendo gli spread ed i tassi sul debito pubblico a favore di quei Paesi più fragili che avrebbero più respiro e forse meno pressione da parte della Troika per un risanamento e per l’avvio di riforme. E’ proprio quest’ultimo aspetto che preoccupa maggiormente la Merkel.
Quello che può preoccupare i mercati è una possibile rinegoziazione del debito greco e la minaccia di un’uscita dall’Euro, rappresentato dal così detto “rischio contagio”. I dati Eurostat registrano un debito/Pil per la Grecia del 176%, che si attesta al primo posto in Europa, seguita però dall’Italia con il 131,8%. Questi numeri necessitano di una soluzione al problema della sostenibilità del debito pubblico soprattutto alla luce di questo periodo di crisi. Ma considerando che il debito greco (che ammonta a 317 miliardi di euro) è detenuto per circa l’80% dagli altri Paesi europei, dal Fondo Salva Stati e dal FMI, l’ipotesi di una forte ristrutturazione appare meno probabile, anche alla luce del fatto che la scadenza media è di 16 anni e mezzo e la spesa di interessi nominali risultava l’anno scorso a 4,3% del proprio PIL, meno di quanto pagato dall’Italia e dal Portogallo.
Ora però tocca alla Grecia, in fase di formazione del nuovo governo. Dunque tutta la partita si gioca sulla sponda della politica monetaria. Come accennato, il programma di QE e le considerazioni che abbiamo fatto sulla situazione greca, ci portano sicuramente a tenere viva l’attenzione ma con “moderazione”.
Considerando che i titoli del debito pubblico greco sono fuori ormai da tempo dai portafogli dei Fondi Pensione Negoziali, mentre quelli italiani, sempre presenti, registrano una diminuzione dei rendimenti e quindi un forte apprezzamento in conto capitale (si veda figura sotto), forse – per ora – non dobbiamo temere per il nostro risparmio previdenziale.